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Roger vs Stan

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Oggi compio 39 anni.

Un’ età che mi permette ancora una certa serenità. Non è ancora il momento del bilancio di mezzo mandato. Posso ancora guardare ai quarantenni come uomini destinati ad una vecchiaia mentalmente anticipata e sorridere ai trentenni come uno del branco, il più esperto e forse il più saggio. I ventenni non mi interessano. Quella è una età che, se ci ripenso, ho vissuto con un velo che mi ovattava le sensazioni e i sentimenti. E non era mica un velo di seta, era rozza ecopelle. Insomma, gli anni che si vivono dopo i trenta valgono almeno tre anni di quelli da ventenne. Che se ci ripenso mi chiedo come ne sono uscito indenne. Questa premessa apparentemente ottimistica non mi ha tolto però il concetto del tempo. Gli anni stanno passando con una velocità simile solo a quella delle ferie e da qualche tempo non posso non pensare che ci sia dentro anche io a questo calderone di fatalità.

Così mi sono messo a fare una lista.

Non l’ho fatta ieri. Un giorno, mi trovavo sull’ A4 in direzione Padova e, mentre mi dirigevo ad un’asta di minibar da camper, ho pensato alla caducità della vita, alla sua ironica e fragile fine. Non potendomi opporre ai capricci degli dei ho pensato bene di stilare una lista. Una vera lista di cose che mi piacerebbe fare prima che la parca, sottoforma di farfalla dalle grandi ali lanute, mi venga a trovare attaccando la musica della sua viola. Non mi è servita carta e penna perché ciò che volevo doveva essere ben saldo nella mia mente. Così ho espresso un desiderio.

I desideri, per come li vedo io, devono avere due qualità imprescindibili: la brevità e la fattibilità.

Non devono essere duraturi perché ciò li farebbe perdere di straordinarietà e non possono essere irrealizzabili. Se lo sono, non sono per noi. Devono avere il giusto grado di difficoltà. Così, all’altezza di Rovigo Nord, ho deciso il mio desiderio: vedere una partita di Roger Federer prima del suo ritiro.

Roger Federer è sempre stata un’icona per me, maestro di un gioco che non conosco fino in fondo, ma che da sempre mi rapisce per complessità ed eleganza. Roger ha 33 anni e non gioca tutti i tornei. Inoltre non gioca quelli in Romagna, quindi sapevo che non sarebbe stato facile. Con mesi di anticipo mi sono messo alla ricerca di biglietti, ho prenotato il volo e l’hotel e ho coltivato la speranza che ci potessimo incontrare davvero. Ho designato luogo dell’incontro la O2 Arena di Londra, all’interno del master di tennis.

Il 15 novembre pioveva a Londra, eppure il mio cuore era felice e mentre camminavo mi chiedevo se gli altri percepissero la mia eccitazione che non sapevo dire se fosse per Roger o per il fatto stesso di essere lì. Spendo una cifra indicibile per essere lì, eppure sorrido all’immigrata che mi vidima il biglietto all’ingresso. Sono riuscito a realizzare un desiderio. Forse effimero, ma mi sovvengono queste parole di Pavese mentre entro sul campo con il cuore che miagola nel petto d’emozione:

“Fuori, dopo la cena, verranno le stelle a toccare sulla larga pianura la terra. Le stelle son vive, ma non valgono queste ciliegie, che mangio da solo”

Roger giocava contro Stan Wawrinka e tutti ventimila eravamo un unico muscolo pulsante che batteva al tempo dei colpi di Federer. Eravamo schierati e questo ci faceva sentire invincibili, o almeno io mi sentivo così. La partita è superba, Roger e Stan si aggiudicano un set a testa e siamo tutti eccitati per essere arrivati al terzo set e per non avere un problema al mondo. Perché quando gioca Federer i problemi te li dimentichi. Così come gli acciacchi fisici. Puff! Tutto sparito. Non è una sensazione comune e facile da provare. Siamo tutti certi che Roger giustizierà Stan, colpevole di averlo trattenuto per il terzo set. Invece Roger sbaglia e Stan ne approfitta fino ad arrivare ad un macthpoint. Federer lo annullerà tra l’angoscia generale. Il tuffo globale nel Tamigi viene rinviato momentaneamente. Stan si guadagna un altro match-point. Scene di sbigottimento generale, uomini con le mani nei capelli come se gli avessero comunicato la perdita di moglie e figlio in sala parto. Roger compie il miracolo e le spine dorsali di ventimila persone si rilassano. Ma non c’è pace per noi e Stan si guadagna un terzo match-point. Io non posso più stare a sedere, sbraito e bestemmio cose irrepetibili, mi alzo infischiandomene del mio vicino dietro di me e di tutto il self control inglese. Anche il personale della security non segue più il proprio lavoro e lo stadio è un magma incontrollato, gambe e braccia che si tendono in movimenti spastici. Se Roger perdesse temerei per la vita di Stan. Roger è impassibile come un casellante e non si coglie sul suo viso un’ombra di preoccupazione. Noi non lo sappiamo, ma deve aver già vissuto questa situazione almeno cinquecento volte. Lo scambio ha inizio e l’unica cose che si sente è il suono liquido della pallina che vola da una racchetta all’altra. Se qualcuno ha respirato l’ha fatto involontariamente. La tensione era tale e la concentrazione così smisurata che avremmo potuto liquefare un ettolitro del sangue di San Gennaro. Quando Stan butta la pallina oltre la linea molti sono sulle ginocchia guaendo dalla disperazione per la tensione. Non saprei dirti perché il tennis porta a questa tensione. Quando Roger chiude il game a proprio favore mi affloscio sulla sedia, qualche dio mi ha sfilato la colonna vertebrale e sento che non potrò tornare in hotel sulle mie gambe. Siamo solo cinque pari e tanti hanno voglia di piangere. Di angoscia o felicità è soggettivo. La partita va al tie-break e non sono certo di poterlo reggere. Quando Stan si procura il quarto match-point molti ridono sguaiatamente, comportamento tipico della pre-ischemia. Io ho due palline da ping pong negli occhi e abbraccio una balaustra con un istinto di sopravvivenza che non mi apparteneva. Roger salva il quarto match-point ed inizio a pensare che sia tutto uno scherzo. Da tre ore sta giocando ad un ritmo disumano. Lo sappiamo tutti. Stan ha 27 anni ma Roger 33. E’ un abisso nel tennis. Roger annulla anche il quarto. Inizio a pensare se l’uomo può abituarsi all’ inverosimile. Finalmente Federer si procura un match-point e Wawrinka sbaglia. thCA4KC8RS

Game, set, match Federer.

Collassiamo nelle nostre sedie. Quando torniamo in noi c’è solidarietà nei nostri occhi, come quando il prete chiede di scambiarsi un gesto di pace; siamo stati testimoni di una delle partite più appassionanti dell’anno. Quando Roger viene intervistato in mezzo al campo dice una cosa che non può non colpirmi. La prima cosa che dice è questa:

“Questa sera, sono stato davvero fortunato”.

Non è vero, ma come non apprezzarne l’umiltà. Poteva dire tutto. Ha scelto la compostezza. Quando la domenica ci annuncia che non giocherà per un problema alla schiena nessuno fischia. Lo aspettava Novak Djokovic per una partita che da molti era prospettata da cineteca. Il match con Stan l’ha costretto a ritirarsi. Io non riesco nemmeno ad arrabbiarmi. La partita che ho visto mi ha riempito di gioia e felicità. Di solito non piace, ma questa volta sono felice di accontentarmi.

‘notte babbo

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